assalto, assalto

Una strada di un paese dell’est, un “dopoguerra”, un’ora tra l’ultima luce e il primo buio. Un bambino sta giocando con dei soldatini ricavati da stecchi di legno: assalto! assalto!
Un lieve vento fa oscillare la lampada che dovrebbe illuminare la strada deserta, la luce si altalena avanti e indietro allungando e accorciando le ombre che si riversano sul marciapiede, è una sensazione di solitudine e di lieve paura.
I rumori nel silenzio dell’ora mediana si fanno rari ma importanti, una pentola smossa, un cane che abbaia, una voce di richiamo per la prossima cena, in lontananza la monotonia di una radio accesa.
Le scarpe di Lazzaro sono scucite e consunte, i suoi piedini scuri di polvere e di sole appaiono dalla punta ormai aperta, se piove non saranno riparati dall’acqua. Le sue manine agitate dalla foga del gioco/vita muovono i soldatini immaginari in una battaglia dove la vittoria è scontata, il nemico sconfitto, l’eroe trionferà, la giustizia si fa strada, la speranza si accende.
Nella sua casa, dove fa ritorno dopo il richiamo della fame, nessun eroe può mai vincere, nessuna giustizia accompagna le giornate scure di fame e di povertà, nessuna speranza nemmeno nel pallido sorriso della madre. Un “dopoguerra” qualunque, prima di una improbabile ripresa delle attività comuni, i negozi chiusi alle sei del pomeriggio mostrano pochissima merce, il pane, qualche mela, del formaggio di capra, ma c’è anche un piccolissimo fioraio, all'angolo della strada, che con le sue margherite riesce a dare l’illusione che la poesia non sia del tutto soffocata dal nulla che è rimasto dopo i bombardamenti. Se qualcuno compra quelle margherite? Non saprei dire, non ho mai visto nessuno fermarsi e uscire dal negozio con un mazzo di fiori, ma questi sono come un ciuffo di colore messo sul tavolo, una luce nella strada grigia e forse nessuno vuole davvero venderli, ma solo guardarli e far sorridere.
Dal gioco alla realtà: due strade dietro la casa di Lazzaro un gruppo di ragazzi sta preparandosi per un raid punitivo verso la casa del leader attuale, responsabile o no dello sfacelo intorno, ma sicuramente rappresentante della classe dirigente che ha permesso al paese di perdere tutto. “Assalto, assalto”, i soldatini questa volta sono ragazzi veri, nessun eroe uscirà vincente, nessuna risoluzione al problema ormai immobile del paese, ci sarà violenza e distruzione, ancora distruzione, ci sarà chi morirà senza memoria e senza essere ricordato, morirà così quasi inutilmente come tutti i ragazzi che si sono gettati nella loro fine con la grande speranza di fare un passo avanti. Moriranno e basta e solo i loro genitori continueranno oltre la loro stessa vita a piangerli e a chiamarli eroi.
Ma Lazzaro non lo sa. Il gioco della sua guerra ha ancora il sapore della fantasia, i buoni vincono sui cattivi, nessuno si fa veramente male e chi viene ucciso si rialza subito per ricominciare un altro gioco. Ancora qualche anno, poi anche Lazzaro vorrà una maggiore giustizia, una speranza di vita e, due strade più in la di quella dove le ombre della sera si allungano e si accorciano per la lampada che oscilla al vento, andrà incontro al suo inutile eroismo, andrà contro l’assurdo potere dei pochi per dare una speranza di vita. “Assalto, assalto” dirà, e forse sarà la sua ultima parola.